Gestione avvicinamento con minimale

di Tino Venturi.

La fase di avvicinamento ad un campo volo o aviosuperficie, in spazio aereo non controllato, è delicata. In questa fase possono trovarsi in volo, o in movimento a terra, diversi mezzi volanti contemporaneamente. Dato per scontato (speriamo) che si conoscano e si rispettino le regole, un ulteriore aiuto alla separazione dei velivoli può venire dalla radio.
Nelle aviosuperfici e in alcuni campi volo possiamo trovare una postazione radio detta Biga che fornisce indicazioni utili al buon andamento delle operazioni di decollo ed atterraggio,
ma non può autorizzare o vietare nulla. Il pilota rimane il responsabile di ciò che fa. La Biga in questo caso è il “terzo occhio” che ci permette di avere una visione migliore della situazione.

I minimali generalmente la radio non ce l’hanno, per evidenti motivi di ingombro, di normativa, e per trasmettere si deve avere la fonia. Perciò, esclusa la radio, ci restano occhi bene aperti e regole da rispettare. Ed avendo solo questi come mezzi per separarci dagli altri, a maggior ragione dovremmo prestare la massima attenzione e rigore.

La prima regola è quella del circuito. Anche se può sembrare una inutile complicazione fare un lungo giro attorno al campo per atterrare, lo scopo è quello di essere prevedibili. Anche senza radio, se io mi immetto in sottovento nel punto giusto ed alla quota giusta, sia io che gli altri avremo la certezza delle mie intenzioni, e di quello che farò di qui in poi.
L’avvicinamento diretto (molto comodo…) può andare bene in caso di campo deserto, ma non permette di rendere palesi agli altri le proprie intenzioni. Questa la teoria. Nella pratica sorge un problemino: il minimale vola a velocità che sono meno della metà di quelle della media degli altri ULM. Questo significa “intasare” il circuito in atterraggio. Il bravo minimalista che è entrato in sottovento nel punto previsto praticamente blocca tutti gli altri traffici in atterraggio che lo seguono. La soluzione classica per ovviare a ciò è il sorpasso, da sopra, da sotto, di fianco, da parte dell’insofferente treassista che segue (vedi Meeting di Primavera).

Sinora è andata sempre bene, ma non si deve fare.
Visto che noi più veloci non possiamo volare, una soluzione può essere quella di stabilire un circuito a misura di minimale, più corto, più in basso e sul lato opposto rispetto a quello ufficiale.
In questo modo potremo avere una buona visione (durante il sottovento) della base e del finale del circuito “vero”.
Questa soluzione ha dato e sta dando buoni risultati (Castiglione del Lago, Ozzano, Terni, Pavullo), ma va concordata preventivamente col gestore della pista. In ogni caso dovremo dare la precedenza a mezzi più veloci, magari allungando un poco il nostro sottovento. Pretendere il contrario sarebbe complicato e pericoloso.

Per accorciare il tempo d’occupazione della pista, visto che in genere a noi serve per l’atterraggio non più di un centinaio di metri, potrebbe venire utile stabilire il punto di mira non già in testata pista, ma 150-200 metri prima del punto di uscita (una bestemmia per gli aviatori!), in modo da poter liberare presto e lasciare pista libera ai traffici che seguono.
Per il decollo è più facile: al punto attesa, dopo essersi accertati visivamente che non vi siano traffici in arrivo in base ed in finale, allineamento e decollo veloci, salita a quota di sicurezza (nel nostro caso 300ft./100 m. sono sufficienti), livellare e lasciare prima possibile la zona cercando di evitare il circuito principale (controbase, sottovento). Essendo normalmente fissata la quota circuito per gli ULM a 500 ft.ground (o più), mantenendo i 300 ft. dovremmo avere certezza di non intralciare altri traffici.

Ricordiamoci sempre che un tre assi, oltre ad essere parecchio veloce, non ha la visuale libera di un delta: non permette di vedere in basso davanti a sé, né dietro, e se ha l’ala alta anche verso l’alto. Anche il loro raggio di virata è almeno il triplo del nostro. E comunque siamo noi in difetto, non avendo la radio.

Per tutti questi motivi mi pare ragionevole dire che il minimale deve comunque dare precedenza.
Basta poco: allungare un sottovento o eseguire un 360° verso l’esterno ci costa poca fatica. Al contrario, virare in base significa avere intenzione di atterrare, magari tagliando la strada a chi è già in finale. Discussioni a terra assicurate!

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