Il motore gioia & dolore (guida per “piloti alle prime bielle”)

c-maxPer fortuna, soprattutto gioia. Ma se non stiamo attenti, qualche dolore potrebbe anche arrivare (… e già vi vedo armeggiare nei sacri luoghi).
Vero che stiamo parlando di motori per lo più semplici, niente elettronica sofisticata, niente iniezione, niente di nascosto difficile da osservare durante i controlli, insomma, se trattati bene funzionano egregiamente. Ecco, se trattati bene.
Ma ho visto cose che voi umani… Pistoni bucati, fasce fuse, fumi densi, principi di carburazione quantomeno originali, manutenzioni dubbie e finanche modifiche caserecce con cavi che sfiorano elementi metallici spigolosi. Visto che alla fine ci andiamo a spasso per il cielo, sarà il caso mettere qualche puntino sulle i? Tanto per dirne una, proviamo a parlare di roba che scotta? Ma nel vero senso della parola: autoaccensione, preaccensione e detonazione, ovviamente in modo semplice, senza paroloni da ingegneri meccanici.
Problema n° 1: nei motori due tempi, come tutti sappiamo, si usa la miscela al 2 – 3% di olio. Olio buono però, cioè studiato per motori due tempi ad alte prestazioni (kart, motocross, ecc.), motori che girano molto alti per parecchio tempo. Questi hanno tutte le caratteristiche necessarie all’uso sui minimali compreso il vantaggio di minimizzare i mosterdepositi carboniosi sulla testa del pistone, cielo del cilindro, luci dei travasi ecc.. Infatti, di solito, si procede alla decarbonizzazione solo dopo 100 ore di utilizzo, ma se si usa olio scadente o carburazione grassa, i depositi si formano prima. Peccato però che questi rappresentano ottimi punti di preaccensione, cioè accensione del carburante precedente all’anticipo impostato dal progettista. Quindi se teniamo il motore ad alti giri, le temperature del cilindro saliranno rapidamente provocando la preaccensione nei punti di massimo calore (depositi, ma anche candele “calde” cioè di grado errato) anche senza che le temperature del cilindro diventino eccessive. Lo scoppio conseguente avviene mentre il pistone sale opponendosi al moto naturale e quindi con perdita di potenza. Ma questo sarebbe il meno, il problema reale è il rischio di aumentare ancora di più la temperatura innescando un’autoalimentazione che porta inevitabilmente al grippaggio…
Problema n° 2: vi è mai capitato di atterrare, premere il pulsante per spegnere il motore e questo non lo fa o si riaccende immediatamente? E’ il fenomeno dell’autoaccensione ed è innescato dalle temperature elevate del cilindro: la deflagrazione del carburante procede con un andamento temporale anomalo e quasi istantaneo (andamento detonante). Per innescare la deflagrazione occorre comunque che la pressione nella camera di scoppio sia elevata, quindi avviene pressoché “in fase” o quasi, in dipendenza dalle temperature raggiunte dal gruppo termico. E’ comunque un segno che abbiamo “tirato troppo la corda” magari in giornate molto calde, con tante lunghe salite e discese rapide. Se non vogliamo bucare il pistone, sarà meglio dosare la potenza con intelligenza.
Problema n° 3: chi traffica con i motori conosce bene il modo di dire “ho sentito che batteva in testa” e dei tre è il fenomeno più pericoloso, anche se nei nostri motori, il meno probabile. Si tratta dell’accensione di una piccola parte del carburante in una zona ristretta della camera, spesso nell’area di squish, la luce che rimane fra il cielo del cilindro e la parte piatta più laterale della testa cilindro (vedi figura a lato). Questa piccola combustione iniziale provoca squishaumento di pressione, volume e temperatura che nell’insieme portano ad autoaccendere istantaneamente il restante carburante prima che venga investito dalla fiamma. Questo processo è detto “detonazione” anche perché provoca una violenta onda d’urto che rimbalza nella camera provocando il caratteristico rumore metallico. Siccome anche questo processo tende ad autoalimentarsi, il rischio di fondere tutto il gruppo termico è elevatissimo. Fortunatamente il fenomeno della detonazione è più elevato nei motori di grossa cilindrata unitaria con lunghi percorsi del fronte di fiamma. I nostri motorini ad alto numero di giri e piccole camere, hanno una combustione molto rapida e difficilmente vanno incontro al questo fenomeno.

E la carburazione?
Già che ci siamo, aggiungiamo due parole semplici anche sulla corretta carburazione: il funzionamento regolare di ogni motore è ottenuto con una caratteristica proporzione di carburante e aria ad opera del carburatore. Una miscelazione troppo grassa (troppo carburante) comporta una perdita di potenza, depositi sulla candela e funzionamento singhiozzante del motore. Tutto sommato, niente di troppo grave a meno di persistere a tal punto da rovinare gli elettrodi della candela. Una miscelazione magra (poco carburante in proporzione all’aria) è invece foriera polinidi guai seri. Nei motori due tempi, infatti, l’olio della miscela ha anche il compito di lubrificare tutte le parti in movimento. Poco carburante significa quindi maggiori attriti e rapido aumento delle temperature con relativi rischi di grippaggio. Nei nostri carburatori, per lo più privi di vaschetta, la carburazione è faccenda fine perché deve essere regolata sia al regime minimo che massimo (i circuiti carburante sono due diversi la cui funzione si somma aprendo il gas) mediante differenti comandi di regolazione. Di solito è sufficiente mantenere la regolazione ottimale “di fabbrica” a meno di forti e improbabili escursioni di quota (in alta quota la pressione parziale dell’ossigeno è più bassa) o di fini e dinamiche ottimizzazioni legate al mondo delle competizioni con paramotore. Nel caso ci fosse comunque bisogno di procedere alla carburazione, come succede quando si sostituisce il gruppo termico, meglio lasciar fare al tecnico esperto, a meno di essere il tipo che “con il cacciavite in mano fa miracoli” di Battistiana memoria.

Infine qualche approfondimento al particolare spesso più maltrattato: la candela **
II lavoro che la candela è chiamata a svolgere in un motore a due tempi è decisamente più gravoso che in quello a quattro tempi: deve accendere la miscela con una frequenza doppia, il che significa che la candela ha minor tempo per raffreddarsi e per autopulirsi e si trova ad operare con una miscela che contiene l’olio di lubrificazione con relative incrostazioni.
Ora, come ogni buon motociclista sa, esistono candele fredde e candele calde. Non è che esistano candele per i climi freddi e per quelli caldi, come capitata di sentire. Il vero significato di questi due termini è sconosciuto, e viene spesso associato al fatto che un motore normale ha bisogno di candele calde ed uno preparato o da corsa, essendo più caldo, ha invece bisogno di candele fredde. Il ragionamento è solo parzialmente esatto.
Una candela ha un campo abbastanza esteso di temperatura nel quale deve obbligatoriamente funzionare. Sotto i 400 gradi, i vari residui della combustione si depositano sulla sua superficie dando luogo ad incrostazioni carboniose, mentre se si sale oltre gli 850 gradi si formano sulla sua superficie dei composti solforosi che corrodono velocemente gli elettrodi. Dobbiamo quindi obbligatoriamente restare entro questo campo di temperature, a meno di non utilizzare particolari elettrodi in metalli preziosi come l’oro, il platino, il palladio o loro leghe, che permettono di raggiungere temperature anche di 900 gradi (se si arriva a queste ultime abbiamo ben altri problemi che non quelli degli elettrodi troppo caldi, visto che tutte le altre parti del motore non sono di sicuro fatte per arrivarci).
L’elettrodo laterale è saldato alla parte metallica della candela e quindi scarica facilmente l’eccesso di temperatura, invece quello centrale si trova ad essere confinato in un materiale come la porcellana che è un pessimo conduttore di calore. Se l’isolante che lo avvolge è corto e quindi subito attaccato alla carcassa metallica della candela, riuscirà a smaltire velocemente l’eccesso di temperatura (vedi figura) e avremo una candela fredda. Se esso è lungo, il calore farà più fatica a scaricarsi sulla carcassa metallica e manterrà una temperatura più elevata, e avremo una candela calda.
La lunghezza dell’isolante controlla quindi la temperatura dell’elettrodo centrale, facendo sì che questo mantenga una temperatura giusta di funzionamento: caldo da poter bruciare i depositi che potrebbero formarvisi, ma non abbastanza da produrre una autoaccensione nella miscela. La candela ideale dovrebbe essere calda in modo da funzionare ai regimi più bassi senza sporcarsi, ma sufficientemente fredda da poter mantenere regimi sostenuti senza che l’elettrodo centrale diventi rovente.
Oltretutto, ogni costruttore di candele utilizza sigle differenti per indicare il grado termico, generando ulteriore confusione. Quindi la scelta della candela è cosa per niente facile, e, a meno che non siate dei tecnici, consultate il manuale del vostro motore e utilizzate le candele lì indicate senza inoltrarvi in scelte azzardate.

La lettura della candela
La candela, oltre a svolgere il delicato compito di accendere la miscela, ha un’altra importantissima funzione: quella di essere la spia del funzionamento del motore, quasi si trattasse di una finestra o un registratore di quanto avviene nel suo interno. Una seria conoscenza del comportamento delle candele nelle varie situazioni è molto importante.
Il controllo della candela è grossolanamente fatto a occhio nudo: nera significa miscela grassa, nocciola è corretta, tendente al chiaro indica miscela magra. Ma lo strumento ideale per controllare le candele è una di quelle lenti a 10 ingrandimenti con associata una lampadina a pila, di quelle che usano i collezionisti di francobolli o di monete. I colori che possono apparire sull’isolante dipendono essenzialmente dagli additivi e dai coloranti contenuti nella benzina, per cui non è il caso di preoccuparsene troppo.
La procedura per controllare sia la carburazione che il tipo di candela che stiamo usando, prevede che il controllo sia effettuato dopo una prolungata fase a pieno carico, a motore ancora caldo. In linea di massima possiamo tenere conto dei seguenti e principali segni:

1. COMBUSTIONE CORRETTA: l’isolante appare normalmente lucido, controllate là dove l’isolante si unisce al corpo metallico della candela, se la carburazione è esatta in quel punto dovreste vedere un colletto di depositi carboniosi che si estende per circa 3 millimetri; se il colletto è più alto la carburazione è grassa, se il colletto non c’è la carburazione è troppo magra (vedi figura) L’elettrodo centrale deve presentare il bordo netto ed a spigolo.

2. LA CANDELA È TROPPO CALDA: l’elettrodo laterale si presenta come se fosse stato riscaldato alla fiamma ossidrica, avrà un aspetto squamoso; l’elettrodo centrale sarà corroso, l’isolante sarà chiaro e lucido, ma alla lente la sua superficie apparirà granulosa e porosa come se fosse di zucchero. Se dipendesse unicamente dalla carburazione troppo magra esso sarebbe solo chiaro e lucido, basta ingrassare la carburazione e controllare nuovamente.

3. LA CANDELA È TROPPO FREDDA: la candela si presenta coperta di fuliggine nera e secca; anche quando la carburazione è esageratamente ricca la candela ha un aspetto fuligginoso ma il deposito è spesso umido e quasi vellutato. Molti credono che sia più sicuro usare candele più fredde, ma non è sempre così. Non sapranno mai se la loro carburazione è corretta, poiché la candela si riempie di depositi e si annerisce a tal punto che è impossibile accorgersi se la carburazione è troppo magra, ed è così che si formano i fori nei pistoni.

Concludendo?
Bene, mi sembra di poter dire che i nostri motori sono dei gioiellini… se non li maltrattiamo (olio buono e regime massimo per tempi brevi), se eseguiamo le manutenzioni calendariali (soprattutto la sostituzione della candela e la decarbonizzazione) e se non pasticciamo con la carburazione. Insomma, basta poco, checcevò!

 

*In parte tratto da Volo Sportivo, maggio 2014: Sicurezza volo, a cura di Andrea Minari.
**In parte tratto da: http://elaborare2tempi.altervista.org/accensione.html

Please follow and like us:

3 pensieri riguardo “Il motore gioia & dolore (guida per “piloti alle prime bielle”)

  • Novembre 5, 2016 in 7:31 pm
    Permalink

    Come sempre ancora un ottimo articolo.

    Mi è servito molto per approfondire alcuni punti e consolidarne altri.

    Grazie
    Mik

    Risposta
  • Novembre 5, 2016 in 11:00 am
    Permalink

    ciao l’ uso di benzina “rossa” cioè 98/100 ottani è consigliata..? grazie

    Risposta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial